Castelmeteo. Un sito dedicato a Castelvetro di Modena, meteorologia, arte, gallerie di foto antiche, moderne e la storia dell'antica fornace. A cura di Vinicio Cavallini
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La storia dimenticata della fornace.
Riguardo all’antico forno di Hoffmann, sono state scritte tesi di laurea, una dettagliatissima voce su Wikipedia, interi capitoli di libri, articoli, riconoscimenti, inserimenti in guide turistiche, pagine web, riferimenti un po’ ovunque quando si parla di Castelvetro e la sua storia. Nessuno però ha mai ricordato le varie fasi della “ditta Lamberto Cavallini”, dai problemi nel periodo delle guerre alle difficoltà logistiche in un Castelvetro ancora allo stato preindustriale. Per evitare che questa memoria storica venga presto seppellita dal tempo, riporto quindi alcune testimonianze. Giorgio Cavallini, nipote di Lamberto, scriveva nel 1992:
“Mio nonno Lamberto aveva acquistato due o tre piccole fornaci intermittenti per la cottura di laterizi ovviamente fatti a mano sul posto intorno agli anni 1875/1880 ed iniziò a costruirne una per quei tempi rivoluzionaria di tipo Hoffmann che coceva, con carbone, mattoni ed altri prodotti fabbricati a mano. Non tardò molto a comprendere l'importanza della meccanizzazione che avvenne verso il 1905/1906 con motori a scoppio che rimasero in funzione per molti anni finché non venne l'elettrificazione. Personalmente ricordo un motore a ciclo diesel monocilindrico enorme, con una ruota inerziale alta circa 4 metri; veniva avviato con l'aiuto di bombole di gas inerte che mettevano in moto il volano. Più recentemente venne usato anche un altro motore diesel a testa calda, monocilindrico.
Nei suoi viaggi a La Spezia dove acquistava il carbone per la fornace, il papà aveva conosciuto gli esagoni marsigliesi e quelli fabbricati dalla Ponzano Magra. Con molta fatica e perseveranza, aiutato da un profugo ungherese, il prof. Korach, che insegnava
all'università di
Bologna, verso il 1923 riuscì
nell'intento producendo esagoni greificati rossi sia
pure in quantità limitata. Cominciò cosi l'avventura della fabbricazione
di grès rosso made in Castelvetro, quando nel sassolese non era
nemmeno conosciuto.
Comunque, anche nel campo dei laterizi, la fornace era molto conosciuta per i diversi pezzi speciali e gli ornamenti che vi si producevano. Sono testimonianze ancora visibili l'abitazione della fornace (1903/1905), la Chiesa e il campanile di Castelvetro, quella di Ospitaletto, l'abitazione di via Marconi dove abito ancora (1910-1914) e molti altri fabbricati dove si possono ammirare i piccoli capolavori di terracotta che venivano usati per le strutture e come abbellimento.
Nel 1947 morì il papà (Alpino, figlio di Lamberto n.d.r.). Tutto questo in un periodo in cui avremmo dovuto procedere urgentemente ad una modernizzazione della fornace. Fummo pertanto costretti a procedere con forti economie aziendali ed a chiedere aiuti finanziari alle banche ed a privati. Citerò i nomi di Fini, Bini, Rossi : di quest' ultimo conosco solo il cognome ,non avendolo mai incontrato né prima nè dopo che gli fu restituito quanto gli era dovuto e per quei tempi non era poco.
Ho accennato a tutto questo per illustrare
due cose: In quali difficoltà ci trovammo in quegli anni che avrebbero
dovuto essere preziosi per un rilancio, e quanto fu importante il
buon nome che ci lasciò il papà. La ripresa edilizia ci aiutò a
superare le nostre difficoltà interne. Nel 1953 cercammo di allargare la
gamma dei nostri prodotti fabbricando delle marmette e iniziando a
smaltare per i primi nella zona il grès rosso da usare prevalentemente
da pavimento, sia liscio che con rilievi protettivi per lo
smalto.
Il lavoro dello smaltato ci ha consentito per qualche anno qualche soddisfazione ed un allargamento delle vendite in molte parti d'Italia e dell'estero, almeno finché i sassolesi erano alle prime armi; poi colle loro grandi forze finanziarie e imprenditoriali si sono buttati a capofitto a produrre pavimenti smaltati lasciando a noi solo un posticino molto marginale.
A questo punto, eravamo nei primi anni 60, visto che ci era impossibile combattere qui i gruppi sassolesi, spinti anche da clienti meridionali, esaminammo la possibilità di aprire una fabbrica nel Sud. E scoprii la Calabria, camminando fra i monti in cerca d'argille e ammirando le magnifiche coste ioniche della zona di Catanzaro e Reggio C.. Fu un amore a prima vista che trasmisi a parenti ed amici e probabilmente mi spinse ad accarezzare l'idea di impiantare una ceramica in quei posti. La Giulietta, figlia di Telesforo Fini, mi insegnò ad apprezzare cose d'arte e naturali che la mia mentalità un po' grezza non avrebbe mai apprezzato e capito, senza i suoi suggerimenti qualificanti.
Argille se ne trovavano, la mano d'opera
era abbondante e, pareva, c'erano incentivi notevoli da parte dello
stato; il mercato sembrava aperto a causa della distanza dalle
ceramiche emiliane.
Nel 1974 cessammo l'attività di smaltatura, non riuscendo a fare concorrenza agli impianti più moderni e affittammo i relativi capannoni. Per favorire questo trapasso col minor disagio possibile per i dipendenti, assumemmo parte di essi nella 3 Cavallini che si appesantì di personale anziano: questo calò naturalmente in seguito al pensionamento di parte di esso. Così la vecchia fornace cessò la sua attività ed iniziò quella di tipo immobiliare affittando capannoni e parte degli impianti. Rimase così la 3 Cavallini che continuava col suo ritmo la produzione di grès rosso abbastanza apprezzato sul mercato, ma non tanto competitivo.
Questo, forse, sarebbe stato il momento di affrontare coraggiosamente una trasformazione radicale, che portasse alla produzione di monocottura; ma la società non aveva forze sufficienti nè dal punto di vista economico nè dal punto di vista psichico; ormai avevo raggiunto i 60 anni. Da questo momento, attraverso varie vicende dominate soprattutto dalle richieste di mercato, alterne, ma con una progressiva tendenza al regresso, ha avuto inizio la crisi della nostra ceramica, che ci ha portato alla definitiva chiusura nel maggio del 1985. La vecchia società Lamberto Cavallini è rimasta, ma solo come immobiliare avendo concesso in affitto tutti i capannoni ed i locali disponibili. Al centro del cortile è rimasta la vecchia Hoffmann circolare a testimoniare il lavoro di mio nonno Lamberto (che per una forma di pudore non voleva essere chiamato nonno, ma Pappone ) e quello del papà Alpino, che con maggior oculatezza e preveggenza del rispettivamente nipote e figlio gettarono le basi per un lavoro importante per i familiari e per i castelvetresi.
Negli ultimi tempi abbiamo lanciato un nuovo prodotto: grès rosso al carborundum, che in mano ad una società più forte avrebbe potuto avere un buon successo, ma per noi era troppo tardi. I debiti ci sommersero e fummo costretti a chiudere e demolire la fabbrica vendendo la 3 Cavallini e i capannoni per un prezzo esiguo, ma che ci consentì di saldare i debiti contratti verso i dipendenti, le banche, i privati.”
Ora alcune note tecniche di Lamberto, pronipote e omonimo del capostipite:
1932. Per aumentare la produzione di gres rosso vennero acquistate 4 presse (Conti) a 3 colonne. Le pompe a pistone mantenevano carico un accumulatore ad acqua ed olio emulsionabile a 200 atmosfere costanti. Ogni pressa impiegava 2 operai e produceva circa 50 mq. di gres al giorno.
1952-1955. Grande crisi dell’edilizia, viene introdotta la produzione delle marmette e del gres smaltato per pavimentazione. A quei tempi le mattonelle smaltate venivano impiegate esclusivamente per il rivestimento, siccome la resistenza all’abrasione era molto scarsa. Idearono così un prodotto innovativo, che unisse la resistenza del gres rosso all’estetica. Una mattonella di gres rosso smaltato con rilievi non smaltati. Fino al 1954 il gres veniva cotto nel forno di Hoffmann, nel 1955 venne acquistato un forno a rulli elettrico (Siti). Vennero fatti notevoli sforzi per fare conoscere questo nuovo prodotto, ma in capo a 2 anni la richiesta aumentò in modo esponenziale. Vennero quindi acquistati altri 2 forni per portare la produzione a 800 mq. al giorno.
1968. Viene costruito un nuovo e moderno impianto, la "Ceramica 3 Cavallini s.p.a.", per la produzione di gres con presse SACMI e forno a tunnel alimentato a gas metano (SEI)
1970. Visto il successo inaspettato di questo prodotto, cominciano a sorgere le prime grandi fabbriche sassolesi con impianti sempre più sofisticati e moderni.
1985. In capo a 15 anni di concorrenza spietata, viene cessata l’attività della 3 Cavallini e rimane così l’attuale immobiliare.
Una ricca galleria fotografica si trova a questo indirizzo.
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